Italia-Francia, quando c'è più gusto ad essere italiani
- Andrea Fasolo
- 3 ott 2015
- Tempo di lettura: 13 min

9 luglio 2006,
E' una calda giornata estiva e fin qui niente di anormale. Si respira però nell'aria una sensazione diversa dal solito, una sensazione di attesa per un grandissimo evento che sta per accadere. Abbiamo vissuto quella giornata tutta d'un fiato ma il tempo sembra non passare mai e non riusciamo a scrollarci da dosso l'ansia che ci assale sempre di più. Carovane di macchine nelle tarde ore del pomeriggio fanno a gara a chi rientra prima a casa per piazzarsi davanti al televisore, per recarsi al bar di fiducia accaparrandosi il miglior posto davanti allo schermo, per riempire le piazze della città, dove sono stati allestiti dei maxischermi per permettere a tutti di assistere a QUELLA PARTITA. E' tutto pronto.
E' il 2006, l'anno dei Mondiali, è il 9 luglio, il giorno della Finale contro la Francia di Domenech, la Francia di Trezeguet, la Francia Barthez e, più di tutti, la Francia di Zinedine Zidane.
Non abbiamo paura, siamo pronti, anche se la Francia è la nostra bestia nera. Sconfitta ai rigori in semifinale al Mondiale del 1998 che vedeva proprio i cugini transalpini giocare in casa e sconfitta in finale nell'Europeo del 2000 per 2-1, con gol di Trezeguet al Golden Gol che mandò per la seconda volta in 3 anni i francesi in Paradiso e noi all'inferno, purtroppo.
Noi non abbiamo paura stavolta però perchè siamo consapevoli della nostra forza, della nostra tenacia, della nostra voglia di portarci la coppa a casa. Nel corso della competizione avevamo fatto tante grandi cose, talvolta anche con la giusta dose di fortuna, fattore che nelle precedenti edizioni ci era sempre mancato.
7 punti in 3 partite nella fase a gironi. Vittoria per 2-0 contro il Ghana con reti di Pirlo e Iaquinta, pareggio contro gli statunitensi per 1-1 con sfortunata autorete di Zaccardo e rete di Alberto Gilardino e vittoria contro la Repubblica Ceca con le marcature di Marco Materazzi e SuperPippo Inzaghi. Sorteggio agevole agli ottavi, anche se in quello strano Mondiale, di agevole c'era stato ben poco. Ci vedevamo di fronte una Nazionale come quella australiana che era in crescita rispetto agli anni precedenti, idea tramutatasi in realtà poi in campo. La partita si avvicinava al termine e non riuscivamo a sfondare, lo spettro dei supplementari si avvicinava e cominciavano a vagare nelle menti di tutti strani pensieri. Minuto 92', lancio di Totti per Grosso, dribling a rientrare verso il centro del campo, scivolata di un difensore australiano per bloccare l'avanzata dell'italiano che, risterzando verso il centro dell'area, si lascia cadere furbescamente e l'arbitro decreta il penalty. Va Totti, mazzata ad incrociare e rete per gli azzurri, delirio totale.
Quello è stato sicuramente l'evento che ci aveva più di tutti dato la consapevolezza di essere una grande squadra, di poter arrivare fino in fondo e giocarcela ad armi pari con le altre big mondiali. E così è stato. Ai quarti di finali affrontavamo l'Ucraina di un certo Andriy Shevchenko, non uno qualunque. Nonostante il match molto ostico, l'Italia è stata assoluta padrona del campo, vincendo agevolmente per 3-0 con la doppietta di Luca Toni e il gol di Gianluca Zambrotta.
Arrivavamo alle semifinali, contro la Germania degli eterni rivali. Loro erano favoriti poichè erano più forti e giocavano in casa ma eravamo noi a scrivere un'altra delle pagine più gloriose della nostra storia e a passare una delle notti magiche che solo il calcio e la Nazionale possono dare. Vittoria per 2-0 dopo una partita tirata, dopo aver preso un palo con Gilardino e una traversa con Zambrotta, dopo aver lottato come leoni per tutta la partita. Uno-due pazzesco tra il 118' e il 120'. Prima Grosso che sugli sviluppi di un calcio d'angolo riceveva il passaggio radiocomandato nello spazio di Pirlo, e trafiggeva l'incolpevole Lehmann con un tiro a giro sul palo più lontano, poi Del Piero che su una palla recuperata da Cannavaro, raccoglieva l'assist di Gilardino che lo smarcava tutto solo davanti al portierone tedesco piazzando un preciso piattone sotto la traversa sull'altro palo. Nuovo delirio. Nuovo trionfo. Nuova vittoria. Dopo quella partita al Westfalen Stadium di Dortmund l'Italia si dirigeva a vele spiegate all'Olympiastadion di Berlino a giocarsi la finale contro i francesi.
Ma torniamo a quella giornata, torniamo al 9 luglio. Ricordo ancora le trombette dei tifosi, l'entusiasmo spasmodico che si respirava e si poteva toccare con mano solo scendendo in strada. C'è un'aria di euforia generale che trasporta anche quelle persone che non sono appassionate di calcio. L'Italia, gli Azzurri, La Nazionale sono sulla bocca di tutti, non si parla d'altro.
Vedo la partita a casa di mio zio, abbiamo allestito un salone che avrebbe fatto invidia a qualsiasi club di tifosi di qualunque squadra. Ci sono sciarpette, bandiere, trombette ed ognuno di noi ha addosso la maglia della Nazionale. Io indosso la maglia di Luca Toni, che ho acquistato dopo la strepitosa doppietta ai quarti di finale contro l'Ucraina che speravo avrebbe potuto portare fortuna per la partita.
A casa nostra guardiamo solo Sky e snobbiamo qualsiasi partita trasmessa dalla RAI. Vuoi mettere la telecronaca entusiasmante di Caressa, Compagnoni, Trevisani, Bergomi e le interviste da bordocampo di Alciato, Nosotti, eccetera, con quelle della RAI condotte da Repice, Failla, Civoli, Antinelli e Bizzotto?
Questa partita fortunatamente è affidata al duo Caressa-Bergomi, una garanzia in sfide così.
Prima di ogni match Caressa citava una frase che rispecchiasse il significato di ogni partita durante quel Mondiale. A pochi minuti da quella Finale Fabio dice:
"Io sono un uomo di campo, io so cosa vuol dire cosa vuol dire combattere per vincere, io sono un uomo di sport, io so cosa vuol dire vivere nel gruppo, leggere negli altri le tue stesse speranze, io so cosa vuol dire avere un sogno comune e trovarsi ad un passo dal realizzarlo, io conosco i pensieri che attraversano le vostre menti, le paure che dovete vincere, io ci sono stato, io so che potete farcela, che farete di tutto, che sentite che vi siamo vicini, adesso ragazzi; adesso è il momento; noi ci crediamo. È il 9 di luglio del 2006, è l'Olimpiastadium di Berlino, Italia-Francia è la finale."
Mi attraversa un brivido lungo la schiena solo a rileggere queste parole così ricche di significato ma soprattutto di ricordi.
La partità incomincia, il cuore di tutti noi batte all'impazzata, soprattutto dei giovani. Non avevamo mai assistito ad un evento calcistico così importante, quelli più grandi, invece, avendo già avuto la possibilità di vincere il mondiale nell'82' sono più sobri e riescono a mantenere un elegante self control.
L'Italia si schiera con un classico 4-4-2. Gigi Buffon in porta, difesa a 4 composta da Zambrotta, Materazzi, Cannavaro e Grosso, centrocampo molto folto con Camoranesi, Gattuso Pirlo e Perrotta, e in attacco il duo Totti-Toni, con il pupone più arretrato a suggerire. La Francia, invece, opta per un più offensivo 4-2-3-1, modulo che negli anni successivi verrà utilizzato da molti squadroni in ambito europeo, schierando in porta Barthez, in difesa Sagnol, Gallas, Thuram e Abidal, a centrocampo Makelelè e Vieira, sulla linea dei trequartisti Malouda, Zidane e Ribery ed in attacco, unica punta, Thierry Henry.
La Francia parte forte, al sesto minuto Malouda cade in area di rigore, Elizondo, l'arbitro di quella partita, fischia il penalty, sbagliando, poichè il francese si butta giù troppo facilmente dopo un lievissimo tocco di Materazzi che forse non lo tocca proprio. Sul dischetto si presenta Zidane. . . Tutti noi da casa fischiamo, cerchiamo di deconcentrare il campione francese anche se sappiamo che i nostri sforzi non possono essere sentiti, è troppo forte la paura di andare in svantaggio già in avvio partita. Zizou tira, la palla sbatte sulla traversa, rimbalza a terra, ritocca la traversa e torna in campo. Urlo di gioia pazzesco che però viene stoppato dall'arbitro il quale, dopo essersi confrontato con il giudice di porta, assegna il gol ai francesi e quel grido si trasforma in un pianto amaro. Ma la Nazionale Italiana è riconosciuta e temuta nel mondo proprio per la sua forza di saper reagire, i francesi lo sanno e cominciano ad indietreggiare.
Minuto 19'. Andrea Pirlo va dalla bandierina, calcio perfetto che telecomanda la palla sulla testa di Marco Materazzi che siglà il suo secondo gol al Mondiale dopo quello con la Repubblica Ceca.
Ci siamo anche noi, sì, l'Italia non muore mai. Grida, urla, gesti e qualche imprecazione nei confronti dei francesi accompagnano la marcatura dei nostri, l'entusiasmo è divampante.
Al minuto 36' c'è un nuovo corner per l'Italia, batte come al solito Pirlo che disegna una nuova illuminante traiettoria sulla testa questa volta di Luca Toni che colpisce la traversa. L'inerzia della partita ora è a nostro favore, ma il primo tempo si conclude così, sul punteggio di 1-1, con molto rammarico e non pochi rimpianti per l'occasione sprecata.
I 15 minuti dell'intervallo sono stati i più lunghi della mia vita. Non ho più la cognizione del tempo, comincio a sudare freddo, non ho la più pallida idea di come andrà a finire la partita. I miei parenti mi dicono di stare tranquillo, sono spavaldi, sanno della forza dei ragazzi e quello che possono dare, io mi fido di loro.
Comincia il secondo tempo e l'Italia accusa un calo fisico per lo sforzo effettuato durante la seconda parte della prima frazione. I nostri si chiudono dietro e la Francia ci mette alla strette ma la nostra esperta retroguardia sventa qualsiasi pericolo. Comincia anche la girandola dei cambi. Per la Francia esce un Vieira compassato a causa di uno stiramento ed entra Diarra, per i nostri, invece, escono Perrotta, Totti e Camoranesi, lasciando spazio rispettivamente a Iaquinta, De Rossi, che diventerà fondamentale per noi, e Pinturicchio Del Piero.
La partita volge al termine, si va ai tempi supplementari sul risultato di 1-1.
Il cuore palpita sempre di più. Guardo la faccia dei miei eroi in TV, mi immedesimo in loro, mi chiedo quali sono le sensazioni che provano in quel momento e arrivo alla conclusione che sono le stesse che provo io.
I supplementari sono un martirio. Sai che sei ad un passo dalla fine e non vuoi esporti, tutte e due le squadre hanno paura di perdere la partita e l'ansia comincia a farsi sentire anche sul volto dei principali protagonisti.
Nonostante ciò la Francia ci schiaccia ancora più dietro: Al 99' un tiro di Ribery termina fuori di poco e poco prima del termine del primo extratime, al 104' minuto, Buffon compie un autentico miracolo su un forte colpo di testa di Zidane, mandando la palla in calcio d'angolo. Credo di non aver mai visto una parata del genere in vita mia, per bellezza, stile ed importanza. Senza ombra di dubbio è la parata più importante che io abbia mai visto in vita mia.
Al 111' accade l'impensabile: mentre le telecamere inquadrano una situazione di gioco l'arbitro interrompe il gioco. Un replay mostra Zidane che colpisce con una testata Materazzi facendolo crollare a terra. L'arbitro dopo qualche minuto passato a parlare con i suoi collaboratori e dopo essersi accertato dell'accaduto espelle Zizou Zidane, che lascia a testa bassa il terreno di gioco.
Il ricordo che porterò per sempre con me di quell'episodio è l'immagine di Zidane che passa accanto alla coppa guardandola e, pensando alla gravità del gesto che aveva compiuto, imbocca la via degli spogliatoi. Con quel gesto se ne andava via un esempio di correttezza, se ne andava via dal calcio giocato un campione che aveva macchiato così una carriera fantastica. I francesi sapevano anche che, molto probabilmente, se ne era andata via anche l'opportunita di vincere il mondiale, siccome ci si avvicinava sempre di più ai rigori e il franco-algerino sarebbe stato uno dei protagonisti.
Il tempo passa inesorabile, e il 120' scade, l'arbitro fischia il termine del secondo extratime e si va ai tiri dal dischetto.
I calci di rigore sono una lotteria. Nel corso della storia non sempre ha vinto la squadra che meritava di più, che durante la partita ha espresso il miglior calcio. Ai calci di rigore servono nervi saldi, consapevolezza dei propri mezzi e anche tanta fortuna.
A questi fattori ovviamente vanno aggiunti calciatori che sappiano calciarli questi benedetti/maledetti rigori.
Dopo aver ragionato molto, Lippi incarica in ordine Pirlo, Materazzi, De Rossi, Del Piero e Grosso di calciare. Servono uomini di grande carisma e personalita e chi meglio di loro?
Una volta visto chi erano i tiratori cominciano i primi commenti: "Ma cosa fai Lippi? Fai tirare Materazzi che non sa nemmeno stoppare il pallone?" esclama mio zio, che comincia ad avvertire anch'egli tantissima ansia.
Io non so più che fare. Comincio a camminare come un ossesso per la casa, non so più come riempire il mio tempo nell'attesa estenuante che ci separava dal momento dell'inizio.
L'arbitro chiama i capitani, sorteggia la porta dove verranno tirati i penalty e si comincia.
Si inizia dall'Italia, comincia Andrea Pirlo, serve un rigorista perfetto per iniziare bene la serie. "Trilli Campanellino" non delude, GOL, tiro centrale che spiazza Barthez e che porta in vantaggio gli azzurri. Per la Francia il primo a battere è Wiltord che con un preciso piattone spiazza Buffon e pareggia i conti.
Si avvicina al dischetto Materazzi, mio zio comincia a mugugnare, si abbatte perchè crede che il difensore calci male ma, come sempre, l'interista dimostra la sua forte personalità e con un tiro ad incrociare batte Barthez che intuisce le sue intenzioni ma non riesce ad arrivarci.
E' il momento di Trezeguet. Caressa incita Buffon dicendo in continuazione "lo conosci Gigi, lo conosci". Noi tutti da casa ci eravamo stretti in un lungo abbraccio, tipo quelli che fanno le squadre durante gli inni nazionali, e speravamo ovviamente in un errore del francese. "Trezegol" calcia e spara un siluro sulla traversa. Questa volta la buona sorte ci assiste: la palla rimbalza in campo e "non è gol", come ripete più volte Caressa, riferendosi al fortunoso rigore di Zidane tirato poco più di un ora e mezza prima.
Ora comandiamo noi, non dobbiamo più sperare in un errore dell'avversario. ABBIAMO NELLE MANI IL NOSTRO DESTINO.
E il caso vuole che ad aiutare l'Italia a mettere una mano sulla coppa sia proprio Daniele De Rossi, che aveva appena finito di scontare 4 giornate di squalifica per una gomitata rifilata durante la seconda partita del Mondiale a McBride dell'USA.
Daniele può mettere la sua firma su questo torneo, può riscattarsi e diventare uno dei protagonisti indiscussi dell'Italia.
Si presenta sul dischetto, posiziona il pallone molto velocemente quasi a dimostrare una sicurezza surreale, prende la rincorsa e scaglia un diagonale violento sotto l'incrocio lasciando senza scampo il portiere transalpino. La sua reazione è veemente, stringe i pugni e col suo grido fa capire a tutti noi quanta cattiveria e quanta determinazione avesse impresso a quel pallone così pesante.
Siamo sopra 3-1 e manca poco, comincio a montarmi la testa, metto già le mani avanti e penso alla sfilata che avremmo fatto in caso di vittoria ma capisco che bisogna rimanere con i piedi per terra perchè ancora non è finita. I francesi sono leoni che non muoiono mai e non bisogna abbassare la concentrazione.
E' ora il turno di Abidal che infatti, dall'alto della sua classe, spiazza di nuovo Buffon, come aveva fatto precedentemente Wiltord, accorciando le distanze sul 3-2.
Cominciamo a rivedere i fantasmi, temiamo in un ritorno dei transalpini ma, dal fondo del teleschermo, vedo un uomo con la maglia numero 7 che mi tranquillizza, quell'uomo si chiama Alex Del Piero, che con freddezza e calma olimpionica stampata sul volto realizza il quarto rigore per gli azzurri, allungando di due gol sui cugini.
"Se Buffon para il prossimo abbiamo vinto" comincio ad esclamare più volte con voce sconvolta, in un misto tra gioia e paura. Buffon però viene spiazzato per l'ennesima volta dal rigore di Sagnol, che porta sul 4-3 il punteggio della lotteria.
ARRIVA IL MOMENTO DECISIVO. La differenza tra esaltazione e inquietitudine è ormai sottilissima e si trasforma in un unico sentimento contrastante. La tensione si taglia con il coltello e la faccia di tutti i parenti e gli amici che erano accorsi a casa è impietrita.
In questa situazione irrazionale ed irreale vediamo spuntare nel teleschermo l'immagine di un calciatore con la maglia numero 3, vediamo spuntare Fabio Grosso.
Fabio è un po' l'uomo copertina di questa manifestazione finora per l'Italia, uomo partita contro l'Australia con il rigore conquistato e uomo partita nella semifinale con il gol che ci aveva permesso di arrivare a quella partita lì, che ci aveva permesso di avere la possibilità di provare quelle emozioni.
E' bizzarro come il nostro destino è affidato al piede mancino di un giocatore che fino a poche stagioni prima aveva giocato in Serie C2 con le maglie di Chieti e Perugia e che solo da un paio di anni aveva assaporato i palcoscenici della Serie A.
Ma noi ci fidavamo di lui, le sue prestazioni ci avevano fatto capire sin dal principio che aveva tutte le carte in regola per buttare in rete quel pallone.
Tutto lo stivale è in punta di piedi ed in silenzio ad aspettare. . .
Mette il pallone a terra, prende la rincorsa, dà uno sguardo al cielo facendoci prendere altri secondi di infarto a tutti noi che aspettavamo e con un diagonale perfetto ad incrociare sigla il rigore che ci laurea per la quarta volta nella storia "CAMPIONI DEL MONDO, CAMPIONI DEL MONDO, CAMPIONI DEL MONDO, CAMPIONI DEL MONDO".
Per le piazze, per le strade, a casa nostra ma come in tutte le altre esplode la gioia, la passione, la felicità di un mondiale vinto. In pochi minuti i clacson delle macchine coprono quasi le urla della gente che esulta, che si abbraccia, che si bacia.
Appena vedo il tiro di Grosso entrare in porto comincio a piangere a dirotto dalla gioia, avevo solo 10 anni e raramente, forse mai, mi era capitato prima d'allora di vivere una cosa del genere.
Dopo aver visto la premiazione dei nostri ragazzi con Fabio Cannavaro che alza al cielo la Coppa del Mondo ci riversiamo nelle strade della nostra città a far baldoria tutta la notte.
Il coro "popopo" è forte ovunque, si vedono dappertutto bandiere tricolori che sventolano fiere nel cielo azzurro, come in quello di Berlino. Ci sono giorni in cui l'essere italiani conta di più, questo giorno è uno di quelli.
L'immagine che porterò sempre nel mio cuore di questa partita sono gli occhi di Fabio Grosso al momento di calciare il rigore. Avevano una luce particolare, una profondità autentica, così come quelli di Andriy Shevchenko prima di calciare l'ultimo penalty nella Finale di Champions League del 2003 all'Old Trafford di Manchester, che il Milan vinse contro la Juventus.
Negli occhi di Fabio c'erano tutti i sacrifici, tutti gli anni di gavetta, tutte le belle e le cattive avventure legate al calcio che l'hanno portato a quella partita. Negli occhi di Fabio c'era l'essenza del calcio. . .
Per chiudere quest'articolo voglio riportare le parole di Caressa subito dopo la vittoria del Mondiale perchè, a parer mio, spiegano come sia visto il calcio in Italia dai veri appassionati e come un evento del genere riesca a legare tutta la Nazione.
["Guardate dove siete, perché non ve lo dimenticherete mai! Guardate con chi siete, perché non ve lo dimenticherete mai! E sarà l'abbraccio più lungo che una manifestazione sportiva vi abbia mai regalato. Forse uno dei più lunghi della vostra vita! Abbracciatevi forte... Abbracciatevi forte... E abbracciate soprattutto questa meravigliosa squadra... Che ha vinto soffrendo. Che ha vinto come l'Italia non era riuscita a vincere: ai calci di rigore; contro la Francia che ci aveva sempre eliminato, contro i francesi che ci avevano sempre battuto nelle manifestazioni dal '78 in avanti e questa volta no... questa volta no... questa volta abbiamo vinto noi. E Beppe, ci prendiamo la coppa Beppe! Ci prendiamo la coppa Beppe!“]
Per i più vecchiotti quella è stata l'ultima occasione molto probabilmente di vedere un Mondiale vinto dall'Italia, per i più giovani come me e per i nuovi nascituri sicuramente sarà molto più possibile rivivere o vivere per la prima volta quelle sensazioni. Ma una cosa è certa:
alzare la coppa in faccia ai francesi che ci avevano sempre eliminati è stata la soddisfazione sportiva più grande di tutta la vita!
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